Si svolge oggi all’USI di Lugano il simposio sulla sicurezza dei pazienti in ospedale. Al centro le esperienze condotte alla “Carità” di Locarno che ha adottato il sistema di riduzione del rischio promosso da Joint Commission International (JCI), l’agenzia di accreditamento più grande e con maggiore esperienza al mondo nel campo della qualità e della sicurezza in sanità. Una ventina i relatori. Scopo del simposio è il confronto in questo settore fra alcune realtà ospedaliere del nostro e di altri paesi, come la Germania e la Danimarca. Fra i partecipanti, oltre 450, i responsabili di molti ospedali pubblici e strutture private svizzere ed estere, medici, assicuratori malattia, farmacisti e altre figure sanitarie.
Studi recenti sono concordi nel rilevare che circa il 3% dei ricoveri ospedalieri possono incrociarsi con un “evento avverso”: una comunicazione inadeguata nel pronto soccorso, un pavimento a rischio di caduta, il cattivo funzionamento di un apparecchio, personale insufficiente possono portare a conseguenze gravi. Eppure sono ancora pochi gli istituti che considerano la sicurezza dei pazienti come il risultato complessivo di un sistema integrato di “clinical governance”, cioè di una strategia che mira a promuovere in modo costante la qualità delle cure. “L’introduzione di approcci sistemici per garantire la sicurezza dei pazienti potrebbe sicuramente contribuire a migliorare questi risultati e dunque la qualità globale dell’assistenza sanitaria” ha affermato il direttore generale dell’EOC Carlo Maggini, che ha ricordato come oggi si tende ancora a “ricondurre l’errore al singolo individuo, dimenticando che nella stragrande maggioranza dei casi all’origine dello sbaglio vi è una causa sistemica”.
Nessuno può pretendere una pratica medica senza errori; ma l’impegno degli operatori sanitari è di ridurre al minimo il rischio d’errore e le sue conseguenze. In questa direzione ha lavorato l’ospedale La Carità di Locarno sull’arco di tre anni. La certificazione JCI, concepita con strumenti elaborati da professionisti della salute, è stata ottenuta in modo brillante: l’ospedale ha avuto un punteggio di eccellenza assoluta in tutti i settori esaminati che complessivamente richiedono la misurazione sistematica di oltre 1'000 aspetti dell’attività ospedaliera, iniziando dagli spazi d’azione più a rischio, come il pronto soccorso, il blocco operatorio, le cure intensive, l’assegnazione dei farmaci ai pazienti.
Fra le misure introdotte, il time out nel blocco operatorio: il chirurgo responsabile, pochi istanti prima di iniziare l’intervento, sollecitando ad alta voce gli altri operatori, si accerta che la preparazione sia stata fino a quel momento eseguita a regola d’arte: identità del paziente, correttezza del sito operatorio, funzionamento perfetto di tutte le apparecchiature, disponibilità immediata degli esami radiologici, di eventuali protesi, eccetera.
Non esiste, neppure a livello internazionale, una “nomenclatura” dei rischi o delle procedure che portano al rischio. Ma da anni gli ospedali svizzeri, attraverso una serie di indicatori, come il tasso d’infezione, rilevano la qualità delle cure e il grado di sicurezza. Indicatori che, insieme ad un’adeguata dotazione di personale in funzione della casistica, alla formazione e alla ricerca rappresentano per l’EOC i pilastri per garantire sicurezza ai propri pazienti. L’approccio all’evento avverso non è mai punitivo.
“Ammettere uno sbaglio, sezionarlo col bisturi dell’intelligenza, della modestia e della conoscenza, vuol dire prevenire molti altri errori” ha affermato la Consigliera di Stato Patrizia Pesenti che ha sottolineato il ruolo importante della Fondazione per la sicurezza dei pazienti, per la nascita della quale il Ticino è stato il primo cantone ad impegnarsi. La sicurezza, in ambito sanitario, ha affermato la direttrice del Dipartimento della socialità e della sanità, deve diventare una prospettiva di lavoro.
Gli ospedali hanno un occhio vigile anche sul “quasi errore”, ossia su tutti quegli eventi contrari a quanto previsto, ma che non hanno avuto conseguenze per il paziente: i casi, per esempio, in cui il curante si ferma in tempo prima di somministrare ad un paziente un farmaco errato, o nella dose inadeguata; o che si accorge, prima di procedere, che un esame è inappropriato. I “quasi errori” vengono raccolti, discussi e messi a disposizione degli altri curanti, secondo procedure ben definite.
Il simposio è organizzato dall’EOC con la collaborazione di Joint Commission International e dell’Istituto di microeconomia ed economia pubblica (Mecop) della Facoltà di scienze economiche dell’Università della Svizzera italiana.