Il suicidio assistito in ambito ospedaliero
Come ogni cittadino di uno stato di diritto, anche il personale curante (medico, infermiere, operatore sociale o altro) è sottomesso alle regole vigenti in seno alla collettività. In particolare il codice penale svizzero stabilisce all’articolo 115 che chiunque aiuti una persona a suicidarsi non sarà punito dalla legge a condizione che il movente del gesto non sia di natura egoistica. Questa disposizione penale è particolare alla Svizzera nella misura in cui nella maggior parte dei Paesi che hanno legiferato su tale oggetto si è pensato ai malati in fase terminale. La disposizione del codice penale svizzero invece non ha, all’origine, alcun legame con la professione sanitaria né con il malato terminale propriamente detto.
Il fatto di non punire penalmente un gesto non risolve però assolutamente il dilemma morale in cui si trova il personale curante di fronte a una domanda di suicidio assistito. Infatti, in queste situazioni, vi sono almeno tre livelli morali che si sovrappongono. Innanzitutto vi sono gli obblighi deontologici del personale curante i quali fanno generalmente riferimento alla finalità terapeutica dell’attività medico-infermieristica. In secondo luogo vi sono le convinzioni personali dei curanti stessi che possono entrare in conflitto con quelle del paziente. Non va infine dimenticato che la maggior parte dei curanti, ad eccezione degli indipendenti, opera nell’ambito di un’istituzione la quale ha anch’essa un insieme di valori guida (a volte espliciti, altre volte meno). A tutto questo si aggiunge poi un altro rilevante quesito: come poter definire l’autonomia e la capacità decisionale del paziente in un ambito che rende così fragili quanto può esserlo, a volte, quello ospedaliero. La situazione del personale medico e infermieristico svizzero potrebbe, di primo acchito, apparire assai semplice se si tenesse unicamente conto della disposizione penale. In realtà essa è invece assai più complessa, non da ultimo per gli aspetti emotivi che il problema solleva.
Per cercare di fare chiarezza su questo delicato, complesso e importante tema, la Commissione di etica clinica dell’EOC (COMEC) ha deciso di organizzare un pomeriggio di studio per mercoledì 11 maggio con inizio alle ore 14.00 presso l'Università della Svizzera Italiana di Lugano. Attraverso sguardi interdisciplinari e punti di vista differenti, i relatori PhD Carlo Foppa, etico e membro della Commissione nazionale d’etica clinica, Prof. Marco Borghi, giurista e docente all’Università di Friborgo, Dr André Marie Jerumanis, teologo e medico, nonché docente alla Facoltà di teologia di Lugano, Yvonne Willems-Cavalli, Inf. MSC, responsabile delle cure infermieristiche dell’EOC e Dr med. Hans Neuenschwander, capo servizio cure palliative dell’Istituto oncologico della Svizzera italiana, cercheranno di offrire al personale di cura ulteriori conoscenze per valutare domande o richieste che in futuro non sembrano destinate a sparire.
L’incontro si concluderà con una tavola rotonda alla quale parteciperanno il Signor Fernando Bianchi, rappresentante di Exit, il Prof. Dr med. Franco Cavalli, direttore dello IOSI, la Lic. phil Sabrina Antorini Massa, del Comune di Lugano, l’Inf. Graziano Meli, Vicedirettore della Scuola superiore per le formazioni sanitarie di Stabio, il Dr med. Franco Tanzi, specialista FMH in medicina interna e geriatria, e la Dr.ssa med. Rita Monotti, capo servizio di medicina interna all’Ospedale regionale di Locarno e membro della COMEC.
L’incontro è aperto al pubblico e alla stampa.
Bellinzona, 6 maggio 2005
Ulteriori informazioni potranno essere ottenute presso il Responsabile dell’area sanitaria della Direzione generale dell'EOC Dr med. Fabrizio Barazzoni - tel. 091 811 13 01.