Nell’attività clinica possono sorgere situazioni complesse e di difficile soluzione, nelle quali i valori etici individuali inducono al confronto. Ciò che i comitati di etica clinica desiderano fornire è un chiarimento sui valori etici in gioco, soppesandoli in modo appropriato tramite approcci interdisciplinari e transdisciplinari. Lo scopo fondamentale, quindi, è di migliorare la pratica clinica tramite l’identificazione, l’analisi e la proposta di risoluzione delle difficoltà etiche qualora queste si presentino nell’attività clinica.
Per promuovere e tutelare il rispetto della dignità e dei diritti del paziente e conciliarli con le convinzioni personali dei curanti, nel 2003, il Consiglio di amministrazione ha istituito la Commissione di etica clinica dell’Ente Ospedaliero Cantonale (COMEC). Essa assicura all’interno dell’istituzione la consulenza, il coordinamento e la formazione in etica clinica.
La COMEC, in particolare, agisce principalmente su tre fronti:
- esprime pareri e proposte concernenti situazioni cliniche in caso di conflitti di valore;
- elabora e mette a disposizione raccomandazioni o direttive di carattere etico;
- promuove la formazione continua in etica clinica del personale ospedaliero e la diffusione nella popolazione della cultura dell’etica clinica e delle Medical Humanities[1].
Inoltre, essa agisce conformemente alle norme giuridiche vigenti e tiene conto delle raccomandazioni e delle direttive dell’Accademia svizzera delle scienze mediche e delle decisioni della Commissione nazionale di etica per la medicina umana.
Suo organo ufficiale dal 2007 è la rivista per le Medical Humanities, quadrimestrale edito dall’Ente Ospedaliero Cantonale.
[1] Le Medical Humanities rappresentano quell'ottica transdisciplinare che valorizza le dimensioni umanistiche dell'attività di cura e che riconosce nella narrazione il fondo vitale autentico, a partire dal quale i diversi saperi ritagliano
per astrazione le proprie competenze. Al centro delle Medical Humanities c’è la narrazione, il racconto di sé, della propria storia, della propria sofferenza, angoscia, inquietudine. Esse non definiscono una nuova professione, una disciplina, ma aprono una sfida conoscitiva e interpretativa sulla malattia stessa, pretendendo di partecipare alla costruzione della diagnosi e alla terapia [ndr].