Sostegno ai pazienti

Sostegno psicologico

Non sempre l’aiuto psicologico è volto alle pazienti; sempre più spesso assistiamo all'emergenza di richieste di sostegno da parte del partner e/o dei figli. Sono bisogni legittimi, richieste da accogliere e prendere seriamente in considerazione anche se appaiono timidamente e talvolta accompagnate da sentimenti di colpa e inadeguatezza.
I figli, soprattutto quando sono piccoli o nella fase adolescenziale, possono manifestare difficoltà specifiche, da accogliere per aiutarli ad affrontarle.

 In un team multidisciplinare, la presa a carico globale delle nostre pazienti deve passare dalla condivisione e lo scambio tra specialisti sui vari aspetti fisici ed emotivi verso la ricerca di una qualità di vita buona per la paziente e la sua famiglia.

Dopo la diagnosi, emozioni, paure e ansie fanno la loro comparsa accompagnate da timori e preoccupazioni per il futuro e per come informare e relazionarsi al meglio con i propri cari (partner, figli, genitori, fratelli, amici, colleghi).

Il partner e i figli vivono l’incontro con la malattia con analoghi vissuti emotivi e preoccupazioni, che vengono però spesso taciuti o negati nella speranza di preservare il familiare colpito dalla malattia da ulteriori sofferenze. Questo comportamento rischia di isolare e bloccare ognuno nella propria preoccupazione, impedendo la condivisione dei vissuti emotivi, che faciliterebbe l’accettazione della malattia da parte di tutti.
 
Non sempre il bisogno di un supporto psicologico si manifesta al momento della diagnosi o quando l'iter terapeutico è in corso ma viene spesso richiesto, in modo esplicito o implicito, al termine delle cure, quando l'agenda terapeutica si snellisce per far posto ai controlli di routine.

Il senso di abbandono e l'ansia, che possono manifestarsi nel lasso di tempo tra un controllo e l’altro, portano le pazienti a sentirsi sole. Una solitudine che per alcune di loro è il primo vero incontro con la malattia, fino ad allora condivisa con i curati.

Gruppo auto-aiuto

Il Gruppo Sostegno Pazienti è formato da donne che hanno vissuto un percorso di malattia di un carcinoma mammario e che si mettono volontariamente a disposizione per conoscere e assistere le pazienti con una nuova diagnosi di cancro al seno.

La diagnosi di tumore al seno e tutto ciò che ne consegue (esami diagnostici, interventi chirurgici e trattamenti terapeutici) possono avere un forte impatto sulla qualità di vita e generare sentimenti contrastanti quali incertezza, panico e confusione. Le preoccupazioni che assillano la donna e le decisioni che deve affrontare in questi momenti possono darle l’impressione di sentirsi sola e sopraffatta dagli eventi.
 

Che cosa succede da oggi in poi?
Che cosa mi aspetta?
Quali decisioni devo prendere?
Chi mi può sostenere?

A tutte le donne alle quali è appena stato diagnosticato un tumore al seno oppure che stanno già sottoponendosi a cure mediche per questo motivo, viene offerta la possibilità di avere un colloquio con una donna che ha già affrontato questa malattia. Questa possibilità viene offerta a tutte le donne colpite da cancro al seno, anche se non più degenti in ospedale.
 

"Anna dai capelli corti”: una realtà all’interno del CSSI dal 2015

Il gruppo è dedicato alle pazienti colpite da tumore al seno prima dei 50 anni, in quanto tale popolazione ha problematiche particolari legate alla giovane età. Se durante i mesi di trattamento le pazienti operate al seno e sottoposte a cure sono meticolosamente accompagnate nel percorso e assistite in modo molto professionale da più operatori sanitari (medici, infermieri, psiconcologa), appena terminate le terapie, l’impressione è che venga a mancare quel senso di protezione avvertito nei mesi precedenti.

Da qui, appunto, l’idea di riunire giovani donne che, forti dell’esperienza appena trascorsa, abbiano il compito di affrontare il “dopo le cure”, attraverso la proposta e la successiva realizzazione di concrete attività in diversi settori (“Salute & benessere”, “Cultura”, “Famiglia e società”). Ritrovandosi assieme, la condivisione di parte del proprio trascorso è inevitabile. Va tuttavia sottolineato che l’attività del gruppo non può assolutamente limitarsi a uno sguardo autoreferenziale: quanto vissuto deve essere il necessario punto di partenza per un lavoro che vuole ergersi al di sopra e oltre l’esperienza della propria malattia oncologica, senza dimenticarla o annullarla – perché ciò è impossibile –, ma considerandola come un trampolino di lancio per sfide future.

Aiuta la causa con una donazione o diventando un “Amico delle Anne”.