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Medicina Nucleare

Anticorpi monoclonali marcati Back

Si utilizza per il trattamento del linfoma follicolare a cellule B, un tipo di linfoma non Hodgkin, che aggredisce in particolare i globuli bianchi chiamati “linfociti B” o “cellule B”. L’ibritumomab tiuxetano, comunemente noto con il nome commerciale di Zevalin®, è una sostanza che appartiene alla classe di farmaci antitumorali che prendono il nome di anticorpi monoclonali. Si differenzia, però, dagli altri anticorpi monoclonali perché è marcato con un radioisotopo [ittrio 90 (90Y)].

Gli anticorpi monoclonali sono sostanze sintetiche, prodotte in laboratorio, in grado di distruggere alcuni tipi di cellule tumorali limitando al minimo il danno per le cellule sane. La loro funzione è quella di riconoscere determinate proteine (recettori) presenti sulla superficie di alcune cellule tumorali. In questo modo stimola il sistema immunitario dell’organismo ad aggredire le cellule neoplastiche e può anche indurre queste ultime ad autodistruggersi, oppure blocca il recettore impedendogli di legarsi a una proteina diversa che stimola la crescita delle cellule neoplastiche. L’Ittrio 90 associato all’ibritumomab eroga una radiazione β- talmente forte da distruggere le cellule neoplastiche e, purtroppo, in grado di compromettere anche le cellule sane. Man mano che l’ibritumomab si diffonde in circolo, riconosce e attacca la proteina CD20. Quindi entra in funzione il radioisotopo, che neutralizza o elimina i linfociti B. Il trattamento si articola in due sedute, distanziate tra loro di circa una settimana, in cui si somministrano prima il rituximab e poi l’ibritumomab.

Come effetti collaterali comuni si potrebbe osservare una temporanea riduzione della produzione di cellule ematiche da parte del midollo osseo. La ridotta funzionalità del midollo osseo può manifestarsi circa sette giorni dopo la somministrazione del farmaco, raggiungendo usualmente i valori minimi 10-14 giorni dopo la chemioterapia per poi normalizzarsi entro 21-28 giorni.

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